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Cartello della pasta: Consiglio di Stato conferma le multe, riflessi per il mondo agricolo

Confermate in ultimo grado di giudizio le multe agli industriali della pasta, come possono agire gli agricoltori

Il Consiglio di Stato ha confermato ieri le multe inflitte dall’Antitrust alla fine di febbraio 2009, ad alcune società alimentari e due associazioni per aver creato un “cartello” per i prezzi della pasta. Le multe, inflitte dall’Antitrust e gia’ confermate dal Tar Lazio, variavano dai 5 milioni di euro circa (la più alta, inflitta a Barilla) ai 1.000 euro, (la più bassa, inflitta a Unionalimentare); in totale poco piu’ di 9 milioni di euro complessivamente.

Secondo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, le aziende hanno creato un’intesa restrittiva della concorrenza – tra ottobre 2006 e marzo 2008 – per concertare gli aumenti del prezzo di vendita della pasta secca di semola da praticare al settore distributivo.

Tra gli industriali e’ rabbia e amarezza e qualcuno vorrebbe addirittura rivolgersi alla Corte di Giustizia europea.

I giudici amministrativi hanno confermato le multe inflitte a: Barilla (multa da 5,2 milioni), De Cecco (1,7), Pastificio Gaetano Di Martini, Rummo (529 mila), Pastificio Fabianelli (37 mila), De Matteis (143 mila), Pastificio Fratelli Cellino (34 mila), Nestlé italiana (105 mila), Pasta Zara (89 mila), Pastificio Riscossa (103 mila), Pastificio Lucio Garofalo (474 mila). Confermate anche le multe inflitte a l’Unipi (Unione industriale pastai italiani) e Unionalimentari (Unione nazionale della piccola e media industria alimentare). Accolti in parte i ricorsi di Tandoi (con una multa ridotta da 359mila a 179579 euro) e Chirico Molini (con una multa ridotta da 218mila a 10000 euro) . Si attende la discussione nel merito dei ricorsi presentati da Divella, Colussi e Liguori.

Che cosa possono fare al riguardo gli agricoltori?

Gli agricoltori italiani che producono grano duro potrebbero verificare se, il comportamento illecito teso a fissare prezzi di vendita, per definizione, sia atto ad incidere anche sul comportamento delle stesse societa’ in qualsiasi altro mercato in cui sono concorrenti, inclusi i mercati a monte. Perche’ questa verifica? Se “la giurisprudenza comunitaria sostiene che la fissazione dei prezzi d’ acquisto e’ illecita e, per definizione, atta ad incidere anche sul comportamento dei prezzi di vendita“, allora, per analogia dovrebbe essere vero anche il contrario. Un cartello all’ origine e’ atto ad incidere anche a valle, dunque, per presunzione probabilistica un cartello a valle dovrebbe essere atto ad incidere anche all’ origine. La posizione giuridica del terzo, estraneo all’intesa, che afferma di averne subito gli effetti ne determina, di conseguenza, la legittimazione ad agire. Costui, secondo il diritto, si trova nella situazione di incassare meno di quanto una contrattazione che non fosse derivata dal cartello avrebbe implicato anche per il prezzo all’ origine.

L’ effetto di un cartello a valle costituisce la punta dell’iceberg che aggira il meccanismo autoequilibratore su cui poggiano gli architravi del libero mercato. <<In altri termini, il contatto finale tra imprenditore e consumatore costituisce il compimento stesso dell’intesa anticompetitiva tra imprenditori, la sua realizzazione finale, il suo senso pregnante. Sicche’, teorizzare, la profonda cesura tra contratto a monte e contratto a valle, per derivarne che, in via generale, la prova dell’ uno non puo’ mai costituire anche prova dell’altro, significa negare l’ intero assetto comunitario e nazionale, della normativa antitrust, la quale, giova ribadirlo e’ posta a tutela non solo dell’ imprenditore, ma di tutti i partecipanti al mercato. Il che, in conclusione, consente di affermare che il Giudice puo’ desumere il legame eziologico tra comportamento anticoncorrenziale e danno lamentato attraverso presunzioni probabilistiche che si fondino sul rapporto di sequenza costante tra antecedente e dato consequenziale>>.